40 Domenica 18^ Tempo Ordinario (La precarietà dei beni) rif. al 01/08/10

                       Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,13-21)

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

                  La precarietà  dei beni di questa vita  

Trecento anni prima di Cristo, nella cultura ebraica che era stata infiltrata da quella greca, dopo la meteora storica di Alessandro Magno il macedone, appare uno scrittore che si definisce con il generico nome di : Qohelet, che significa “colui che partecipa all’assemblea convocata e che riflette sulle verità”. Questo Qohelet è rimasto famoso, nell’immaginario universale di tutti i tempi e di tutti gli uomini, per la frase : “Vanità delle vanità, tutto è vanità” , chè è diventata quasi un proverbio, una frase da ripetersi ad ogni insuccesso di qualche progetto.Abituati però ad usare l’aggettivo “vanitoso” nel senso di colui che è un esibizionista, di colui che vuole mostrare più di quello che è, magnificando ed aumentando le proprie pochezze, ci conviene, per una migliore comprensione, ricorrere al testo originale ebraico. In esso, la parola “vanità” corrisponde alla parola “hebel”  che in senso proprio significa “soffio”, ed in senso traslato si utilizza per indicare ciò che è una nullità, un qualcosa di inconsistente di cui non vale le pena  preoccuparsi o di dare importanza. Ecco qui il concetto ebraico del testo del Qohelet.Consideriamo ora quale è la posizione di Cristo verso questo “hebel”, verso queste “nullità” e , di conseguenza, quale deve essere la condotta del cristiano. Proprio su questo aspetto di “nullità”, di “inconsistenza”, di “non senso”,  la pedagogia liturgica di oggi ci presenta la parabola, detta dal Signore Gesù, di quel coltivatore al quale il raccolto era andato molto bene in quell’annata e che voleva ampliare i suoi capannoni per meglio basare, sull’abbondate raccolto, la sicurezza della propria vita.Come uno spillo che bucando un palloncino pieno d’aria lo sgonfia in un istante, così nel sogno, Dio gli fa capire che morendo dovrà lasciare tutto. Lo Spirito Santo, sulla stessa linea di pensiero di Gesù, ispira a Paolo le decisive frasi della seconda lettura di oggi (Col. 3, 1-4): “Se voi siete risuscitati insieme con Cristo, cercate le cose del Cielo dove Cristo regna accanto a Dio , pensate alle cose del Cielo e non a quelle di questo mondo, perché voi siete già come morti ,la vostra vera vita è nascosta con Cristo in Dio”. Qui scatta il problema del rapporto tra questa “Vera Vita nascosta in Dio” che già stiamo vivendo, e la vita mortale , ossia quella visibile che viviamo ogni giorno. Certo, per la fede accetto la rivelazione della “Vera Vita” che mi è stata data nel battesimo , ma frattanto devo anche vivere questa vita “esteriore”, materiale,  che va verso la morte. Che debbo fare? Di nuovo la parola rivelata di Dio ci illumina il sentiero! Paolo , ispirato dallo Spirito Santo scrive ai cristiani di Corinto:” Se hai qualche cosa , non è forse Dio che te l’ha data? Se è Dio che te l’ha data, perché ti vanti come se fossi stato tu a conquistarla? (1 Cor. 4, 7b). Ecco l’idea base che deve cambiare la nostra forma di essere e di agire! Tuto ciò che sei, tutto ciò che hai, ti è stato dato! Non ti appartiene in proprietà, ti è stato dato solamente in uso, in amministrazione della quale dovrai renderne conto. Qui viene la famosa parabola dei talenti che Gesù narrò per sottolineare la responsabilità che abbiamo di far fruttificare quanto ci è stato dato. Il padrone della parabola premiò chi aveva fatto fruttificare il capitale ricevuto e castigò colui che lo aveva lasciato inattivo. Fratelli e sorelle, siamo amministratori dei beni ricevuti ; dovremo perciò renderne conto. Ma la nostra tendenza è proprio quella di riporre sicurezza nelle cose che abbiamo in mano : la casa , la famiglia, il lavoro, la posizione sociale, le capacità economiche , artistiche, culturali ; tutte cose che dobbiamo certo usare , ma che finiranno! Allora , che fare ? Ancora una volta la Parola di Dio ci indica il sentiero e ce l’illumina : “Fratelli -dice Paolo- è poco il tempo che ci rimane. Perciò, da ora in poi, quelli che sono sposati vivano come se non lo fossero, quelli che piangono come se non piangessero, quelli che sono allegri come se non fossero nella gioia, quelli che usano i beni di questo mondo come se non se ne servissero, quelli che comprano come se non possedessero nulla , perché questo mondo, così com’è, non durerà più a lungo”(1 Cor. 7, 29-31). Partendo dalla concretezza della nostra vita umana mortale che ha bisogno di tante cose, Paolo , sotto ispirazione divina, non ci dice di “alienarci” da questo mondo, di non usare quelle cose, ma di non usarle “assolutizzandole”. Niente di quanto siamo e di quanto abbiamo deve essere “assolutizzato”  come un idolo. Tutto questo non dura per sempre. Allora, in conclusione, puntiamo con forza su quanto durerà veramente per sempre. Diamoci da fare per sviluppare, sulla linea di Dio, le potenzialità che Lui ci ha dato, ciò che siamo ed abbiamo, in vista di quella “Vera Vita” di Dio che già è in noi nascosta in Cristo mediante il battesimo. Sviluppiamola con i sacramenti che ci fanno crescere in Cristo, usando però tutto il resto “come se non l’usassimo”. Non “assolutizziamo” niente di tutto ciò. Queste sì che sono “istruzioni per l’uso” di una praticità veramente totale. Così sia.

 
Ultimo aggiornamento ( venerdì 30 luglio 2010 )