33 Domenica 12^ T. Ordinario (Le tempeste e i disastri) rif. al 21/06/09

                 Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario                   

  Dal vangelo secondo Marco( Mc 4, 35-41)

In quel giorno, verso sera, disse Gesù ai suoi discepoli: «Passiamo all'altra riva». E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 
Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». 
Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». 
E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».  
                                         Le tempeste e i disastri 

Amici, sorelle e fratelli in Cristo! Se avete notato, il colore della casula con cui il sacerdote è venuto a celebrare la Santa Messa è di colore verde. Ciò indica che siamo entrati in un periodo chiamato Tempo Ordinario. Abbiamo appena celebrato le grandi festività: Pentecoste, Corpus Domini, Trinità, ossia gli interventi divini nella storia nostra. Ora, questo periodo del Tempo Ordinario è piuttosto un periodo di “consigli per gli acquisti”, o meglio “istruzioni per l’uso e la manutenzione” ossia di osservazioni per portare avanti una vita cristiana come si deve di fronte alle problematiche immancabili che la vita umana ci propina. Oggi, per esempio, il problema si riferisce alle “tempeste e ai disastri” che costellano la nostra esistenza e, come non sempre succede, ma in questa domenica sì, le tre letture sono in perfetta consonanza una con l’altra. La prima lettura, quella di Giobbe ci racconta il caso di un signore benestante, con terre, cammelli, cavalli, asini, pecore, buoi, animali di ogni specie, famiglia numerosa e grandi ricchezze. In forma teatrale l’autore presenta il problema del dolore umano e fa vedere che il demonio chiede il permesso a Dio per  poter provare quest’uomo che si dice fedele a Dio ma il demonio vuole provare se ciò è vero. Così, a forza di essere provato, il pover’uomo comincia a perdere tutto: gli rubano gli animali, le colture vanno a male, è derubato dai predoni, i figli muoiono in un incidente sotto la casa che precipita, persino lui si ammala e viene rigettato dalla moglie tanto che deve andare a vivere da solo in un letamaio. Egli riceve la visita di alcuni amici suoi che gli vogliono spiegare che questo dolore deriva da un castigo di Dio e lui risponde che non è possibile perché non ha fatto niente per meritarsi tale punizione divina. Questo discorso continua per una trentina di capitoli finchè alla fine Giobbe si impone e riesce a parlare con Dio. Ecco allora che Dio si fa presente (come un “Deus ex machina” delle tragedie greche) e dice: “Chi è che mi ha chiamato in tribunale perché io venga a rendergli conto? E chi sei tu che osi chiedere conto a me, perché siano successe tutte queste cose? Dimmi: dov’eri quando stavo costruendo il mondo, sei tu che mi hai consigliato che forma dare ai pianeti, alle stelle, ecc.? Ma cosa pretendi?”( cfr. Giobbe. Cap 38 ). Alla fine Giobbe dice: “Signore, riconosco che tu sei tutto e io sono molto limitato e perciò riconosco che ti conoscevo solamente per sentito dire, ma ora ti conosco direttamente come sei”(cfr. Giobbe Cap.42 passim). Questo è il caso di Giobbe nel quale il disastro risulta un fatto misterioso di Dio, Giobbe non riceve la spiegazione fondamentale del perché gli sia successo ciò. E’ un fatto che affonda le radici nel mistero della volontà divina. Nel vangelo abbiamo la tempesta. Qui c’è da evidenziare bene la frase detta da Gesù, dopo aver placato il mare e il vento: “Non avete ancora fede?”, cioè “non avete ancora verso di me quella fiducia che vi ho chiesto, sapendo che quando sono con voi, potete contare sempre su di me per qualsiasi cosa?”. Qui si inserisce la seconda lettura, di Paolo: “Dopo il battesimo noi siamo diventate creature nuove in Cristo e perciò non conosciamo più niente secondo le categorie umane, ma conosciamo in Cristo”(cfr. 2 Cor. 5,16). Fratelli e sorelle, ecco qui: anche noi, nella nostra vita quotidiana ci troviamo di fronte a questi problemi. Quando il Sommo Pontefice attuale è andato a Dachau-Birchenau, anche dalle sue labbra sono uscite quelle parole: “Dove eri, Dio mio, quando la bestia umana sacrificava i suoi simili nell’olocausto di questi poveri innocenti?”. Allora anche noi possiamo domandarci: “Dov’eri, o Dio, quando nei Gulasch sovietici i deportati politici morivano come mosche a causa della fame e del freddo, quando nei lager nazisti li cremavano nei forni crematori, quando sui campi di battaglia si massacravano milioni e milioni di fratelli, quando Hiroshima e Nagasaki furono bruciate dal fuoco nucleare, dalle esplosioni atomiche? Dov’eri mio Dio?”. Questo ce lo possiamo domandare anche nel nostro piccolo universo e nella piccola storia nostra: “Dov’eri, Signore, quando, dopo aver fatto tutto il possibile, dopo avertelo chiesto, non ho ottenuto ciò che tu mi dicevi di volermi dare, e io ho chiesto ma non ho ottenuto? Dov’eri, Signore, quando, dopo i concorsi, non sono stato promosso al posto che mi corrispondeva? Dov’eri, Signore, quando sono rimasto con la salute scossa, con un problema familiare enorme, di mio figlio che si droga, di mia figlia fuggita di casa, ecc.?”. I  mille e un problemi della vita umana! Ebbene, concludiamo dicendo che dobbiamo uscire da una fede minuscola, che punta sui dinamismi razionali e umani (diciamo di avere fede in Dio, però continuiamo a fare domande, “perché Signore?”); non ci fidiamo veramente di Lui. Dobbiamo passare a una fede maiuscola, sicura dell’agire di Dio verso di noi, perché Dio è amore, ce l’ha detto Lui nella prima lettera a Giovanni (cfr. 1 Giov. 4,8) e vuole salvarci tutti e ancora, vuole che arriviamo alla pienezza della verità (lettera di Paolo a Timoteo)(cfr. 1 Tim. 2,4); per questo, per salvarci, ci ha inseriti nel suo grande progetto di salvezza (cfr. Rom. 8,28b). Lui, infatti, ha un suo proprio progetto per salvarmi e io alle volte penso che vorrei suggerire a Dio ciò che sarebbe meglio per me; ma che pretesa ho nel fare ciò!? Lui sa perfettamente ciò che mi conviene per salvarmi e perciò devo dire, come Paolo nella lettera ai Romani: “Dio orienta tutto verso il mio bene” (cfr. Rom. 8,28), perché vuole veramente salvarmi, e non permetterà che siamo provati al di là della nostra capacità di resistenza ( cfr. 1 Cor. 10,13). Fratelli e sorelle, ecco qui i pilastri fondamentali della fede, che ci permettono di passare da una fede infantile, che ricorre ancora alle categorie umane per spiegarsi ciò che Dio fa, e non si basa sui pilastri di Dio che è amore (cfr. 1 Giov. 4,8), di Dio che ci vuole salvi (cfr. 1 Tim. 2,4), di Dio che per questo ci ha inseriti nel suo progetto di salvezza (cfr. Rom. 8,28), di Dio che orienta tutto verso il mio bene (cfr. Rom. 8,28°), anche la malvagità  che la cattiveria umana mi può fare, e Dio non permetterà che siamo provati al di là delle nostre capacità di resistenza (cfr. 1 Cor.10,13). Meditiamo fortemente su queste cinque verità e vedrete come la nostra vita cambierà e le tempeste e i disastri della nostra esistenza potranno essere sopportati e accettati come strada verso la nostra salvezza, nell’infinito mistero del progetto di Dio. Così sia. 

 

Ultimo aggiornamento ( giovedì 18 giugno 2009 )