24 Domenica 2^ di Pasqua (Credo nella risurrezione) rif. al 19/04/09 |
Seconda Domenica di Pasqua Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19-31) "Credo nella risurrezione” Come introduzione all’omelia di questa domenica vorrei raccogliere alcune frasi che ci vengono proposte dai brani presentati nelle letture. Innanzitutto la frase di Tommaso: “Signor mio e Dio mio” e la risposta di Gesù: “Tommaso perché hai veduto, hai creduto: beati quelli che crederanno senza avermi visto”(cfr. Giov. 20,29). Poi l’altra frase: “La nostra fede è quella che vince il mondo” ( cfr.1 Giov. 5,4) e la fede è l’atteggiamento dei credenti che credono che il Figlio di Dio sia colui che è venuto per la nostra salvezza, cioè il Cristo. Questi sono i credenti che uniti in un cuor solo e un’anima sola formavano allora come oggi e domani una misteriosa unità, di tipo superiore, nonostante le diversità di ognuno di loro. A questo punto vorrei lasciare in silenzio contemplativo tutti voi affinché queste verità fossero”macinate, rimuginate” nella vostra coscienza e affinché lo Spirito Santo vi porti veramente alla piena percezione della grandezza che è nascosta in queste parole. Dice la lettera di San Paolo: “Lasciatevi guidare dallo Spirito perché è lui che fa sì che queste verità entrino pienamente in noi”(cfr. Gal. 5,16). Gesù stesso l’aveva detto: “Io me ne vado….voi siete tristi, ma vi manderò lo Spirito Santo che è la verità, lui vi difenderà e quando verrà lo Spirito della verità vi guiderà verso la verità completa”(cfr. Giov. 16,passim), ossia verso quell’intima percezione della verità dove non solamente a livello intellettivo ma a livello vitale si stabilisce un rapporto profondo tra la mia persona e il Cristo. Ma, secondo la prassi normale delle omelie, ci viene richiesto di spiegare e annunziare il messaggio di Gesù al mondo, perciò mi permetterò di fare una mia riflessione su un paio di idee. Una prima idea è quella del “credere”. Che cos’è la fede, che cos’è il credere? L’atto dell’apostolo Tommaso quando toccò il costato e le mani di Cristo e disse “Signor mio, Dio mio”, non è un atto di fede ma è riconoscere l’evidenza dopo averla toccata concretamente. Il vero atto di fede consiste, come ha detto Gesù, nell’atteggiamento di coloro che, pur non vedendo, accetteranno la verità. Tu accetti qualcosa, ma non per l’evidenza intrinseca di quella cosa, bensì per l’autorevolezza di colui che ti comunica quel messaggio. Ebbene, il messaggio della risurrezione di Cristo a noi è venuto, attraverso la comunità ecclesiale, lungo i secoli e noi credenti l’accettiamo per l’autorevolezza di chi ce la comunica. Perché questa comunità ha ricevuto da Dio l’obbligo di trasmettere (ecco la tradizione) a tutte le generazioni e a tutte le genti del mondo la verità della risurrezione del Cristo. Questo si protrarrà così fin alla fine del mondo, perché questa comunità non può sbagliarsi, in quanto assistita da Dio. Specialmente nella persona del Papa che è infallibile nelle questioni di morale e di fede. Questa è detta “fede divina” perché si basa sulle verità rivelate da Dio. Esiste anche una fede umana e noi viviamo continuamente di questa fede umana. Per esempio la maggior parte dei nostri ragazzi non è andata in Giappone; però se un professore di geografia dice loro che Tokio è la capitale del Giappone gli credono non perché ci siano stati ma per l’autorevolezza dell’insegnante che lo dice, perchè è competente in materia e non ha nessun interesse ad ingannarli: questa è la fede umana. Quindi, primo concetto: la fede è l’accettazione di qualcosa non per l’evidenza intrinseca percepita nella cosa stessa ma per l’autorevolezza della persona che mi comunica quella verità. L’autorevolezza consiste nella conoscenza della materia e nell’onestà della persona che me lo dice. La seconda idea che vorrei proprio comunicarvi e sulla quale riflettere insieme è il concetto di “risurrezione”, specialmente in questi tempi in cui molta gente si rivolge a culti esoterici dell’Oriente e parla di reincarnazione e cose simili. Altri propongono persino una religione civile con la costituzione come “bibbia” del convivere civile. Fratelli e sorelle, noi siamo qui in una situazione abbastanza seria. Alcuni giorni fa un cosiddetto filosofo del nostro Paese si chiedeva fino a quando la nostra società rimarrà schiava di impostazioni medievali e crederà in “stramberie” quali la resurrezione dei morti. Ciò è stato scritto su uno dei nostri giornali, riferendosi con evidenza al Cristo e al dogma cristiano della risurrezione. Noi credenti dobbiamo ricordare che la risurrezione è la verità centrale della nostra fede, per cui “se non c’è risurrezione” dice Paolo, “vana è la nostra fede”(cfr. 1 Cor. 15,17). L’elemento sconvolgente che orienta la storia umana verso una “meta-storia”, una storia “oltre”, dando alle nostre brevi e travagliate esistenze un senso definitivo e totale è proprio la risurrezione di Cristo. Bisogna andare però cauti nelle traduzioni della parola “risurrezione” che abbiamo nei nostri vangeli. Si parla per esempio della risurrezione di Lazzaro, la risurrezione della figlia di Giairo, della risurrezione del figlio della vedova di Naim: queste non sono vere risurrezioni, ma “rianimazioni”, una ripresa dell’anima che è stata prima sospesa dall’unione con il corpo per un certo tempo e poi ridata dal Cristo a Lazzaro, al figlio della vedova di Naim, alla figlia di Giairo della sinagoga di Cafarnao. La risurrezione di Cristo è tutt’altra cosa, e in questo mi rifaccio ad un articolo del biblista Gianfranco Ravasi che tocca questo tema analizzando bene i termini che l’originale greco utilizza. Parlando della risurrezione del Cristo, il testo greco usa il verbo “egeirèin”che vuol dire “risvegliarsi”, Cristo si è risvegliato. Un altro verbo greco usato è “anìstemi, “levarsi in piedi dalla posizione supina” il che vuol dire “innalzare, essere innalzato”. Abbiamo così lo sforzo degli evangelisti che ci fa capire che qui siamo in un “mistero”, non in una semplice rianimazione. Abbiamo una risurrezione come risveglio dall’inattività alla vera attività di chi è sveglio, il rialzarsi dalla posizione supina in cui non si può lavorare alla posizione in piedi, pronti per l’azione. E’ la risurrezione “innalzamento” già predetta da Gesù: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me”(cfr. Giov. 12,32). Tutti e tutto, con coscienza vigile o meno, volenti o nolenti, noi sentiamo che questa storia è attratta dal Cristo morto e risorto come speranza universale. Questa è proprio la risurrezione nella quale noi crediamo, l’entrare in una dimensione assolutamente nuova, un salto in avanti “oltre”, fuori. Non è un ritornare alla situazione di prima, perché in quel caso Cristo sarebbe morto di nuovo, ma è entrare in un’altra dimensione in cui la morte non ha più valore, non ha più un senso e la vita diventa veramente definitiva. Fratelli e sorelle, in questo dinamismo cosmico che punta sul Cristo, che è il punto finale della storia, quale ruolo tocca a me? Che atteggiamento devo avere in questo ruolo? Pensiamoci sopra, ne vale veramente la pena, perché Cristo mi chiama a proclamare, nel mondo e nella storia, nella quale mi spetta di svolgere il mio ruolo, Lui mi chiama ad essere testimone della sua risurrezione, a far vedere che Cristo è risorto. Questa risurrezione del Cristo, in cui credo, da senso completo alla mia esistenza attuale. Così sia. |
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Ultimo aggiornamento ( sabato 18 aprile 2009 ) |