22 Domenica delle Palme rif. al 05/04/09

                                   Domenica delle palme  

Abbiamo letto la Passione del Signore che ci racconta gli ultimi avvenimenti della vita terrena del nostro Signore Gesù, la sua dolorosissima passione e morte. Forse abbiamo visto il film di Mel Gibson “The Passion”e ci saremo ricordati, immaginati un po’quelle scene che quel film ci presentava per meditare sugli ultimi giorni della vita del Signore Gesù. Oggi abbiamo letto una descrizione dettagliata, impressionante, quasi teatrale nel linguaggio telegrafico di San Marco. Abbiamo avuto di fronte un copione quasi filmico, da cui si potrebbe veramente trarre un film, e mi sono domandato: “Che atteggiamento dovremmo avere noi di fronte a questa relazione così impressionante della vita del Signore Gesù nei suoi ultimi momenti?”. Credo che l’atteggiamento corretto di uno spettatore, di fronte a questa tragedia così immane, dovrebbe essere un silenzio contemplativo che significa una misteriosa partecipazione. Purtroppo le prescrizioni liturgiche ci dicono: “Non si ometta l’omelia”. Ecco allora perché al posto di questo silenzio, che a me piacerebbe tanto, debbo comunicare a voi qualche idea, parlare e riflettere un po’. Anzitutto si tratta di una “celebrazione” e qui bisogna proprio chiarire bene il concetto. Ci sono vari tipi di celebrazioni ma soprattutto due che si distinguono chiaramente l’una dall’altra. C’è la celebrazione civile e sociale nella quale, ad esempio, ricordiamo la fondazione della città di Latina o l’anniversario della nostra nascita. Queste sono celebrazioni di fatti successi nel passato che hanno una presenza attuale più nella mia memoria che non nella mia partecipazione, perché io , oggi, non partecipo alla mia nascita o alla fondazione della città di Latina. C’è poi la “celebrazione liturgica” che è, però, una misteriosa attualizzazione del fatto che ricordiamo. Certo, la “celebrazione liturgica” è un ricordo come la celebrazione sociale e civile, ma ha una marcia in più. Ha una misteriosissima forza di rendere presente qui ed oggi il fatto stesso che ricordiamo e ci fa in modo vitale partecipare a quel fatto. Detto “fatto” è uscito dalla storia nella quale c’è la successione dei momenti, istanti, giorni, settimane, mesi, anni, secoli e millenni ed è entrato in un giorno speciale, “l’ottavo giorno”, separato, che va parallelo al tempo attuale, è il “giorno dell’eternità”. In quest’eternità quel fatto è presente e allora noi possiamo metterci in contatto direttamente con esso grazie alla “liturgia” che rompe il tempo e lo spazio e ci fa penetrare nella stessa dimensione dove si trova quel fatto. Ebbene, questo è un evento misterioso al quale solo così misteriosamente possiamo veramente partecipare: la passione del Cristo. Ci facciamo però una domanda. In quel racconto che abbiamo ascoltato c’è un protagonista: il Signore Gesù. Attorno a lui circola una varietà di personaggi in senso positivo e negativo. In senso positivo vediamo la donna che secondo la tradizione ha asciugato il volto di Gesù, “la vera icona” che poi è passato a “Veronica”; ci sono le pie donne che piangono in lontananza, c’è Giovanni e la mamma di Gesù, Maria, che accompagnano il Figlio; c’è il Cireneo il quale, lo voglia o no, per ordine dei soldati romani deve sopportare e aiutare Gesù a portare la Croce. Questi personaggi sono presenti in forma positiva nella passione del Cristo. Ci sono poi altri personaggi che si pongono negativamente. I farisei, gli scribi, le autorità del Paese che, con la Crocifissione di questo rabbì scomodo, si liberavano da un incubo; ci sono i soldati, gli ufficiali, i funzionari romani, il cui unico interesse era evitare la sommossa del popolo affinché si potesse veramente portare a termine la condanna data dal governatore perché Cristo fosse crocifisso. C’è la gente che grida e la gente del mercato attraverso il quale passa il Cristo con la croce sulle spalle, abituata ad assistere a crocifissioni di criminali per cui questo era semplicemente uno spettacolo in più. Ebbene, fratelli e sorelle, ognuno di noi cerchi di vedere in tutto questo che cosa c’è di rappresentativo per lui. In quale personaggio si sente meglio rappresentato: se in alcuni di quelli positivi o in alcuni di quelli negativi. Che questo sia un esame di coscienza da portare avanti durante questa settimana santa! La “celebrazione” di questa settimana santa è un fatto misterioso. Vorrei toccare nuovamente questo punto, perché nella prima preghiera che noi abbiamo detto questa mattina, la cosiddetta colletta della messa, si diceva: “Padre, grazie per il Figlio, Gesù Cristo, che ci hai dato come modello da seguire affinché seguendo lui nella sua passione, possiamo vivere con lui nella gioia della sua resurrezione”. In questa preghiera, Cristo ci viene presentato come modello da imitare. Cos’è un modello? Un modello è un personaggio secondo il quale noi vogliamo guidare le nostre azioni. Ricordo, ad esempio, il mio maestro delle elementari, o il professore delle medie o quel grande maestro che ho avuto all’università. Allora nell’insegnamento io mi preoccuperò di imitare lui che era così efficace ed efficiente. Ecco l’imitazione nei fatti di un personaggio che nel passato ha agito in una certa maniera e che spinge me ad agire nella stesso modo nel presente sul modello che ho avuto. Ma, nel caso nostro, con Cristo, c’è un fatto in più, strabiliante e misterioso. Noi, mediante il Battesimo, siamo entrati in un contatto misteriosissimo con il Cristo, perché siamo stati sepolti nella sua morte e siamo risorti con lui nella sua risurrezione. Ciò significa che, mediante la morte del Cristo, è stata distrutta in noi la struttura di peccato che avevamo e attraverso l’umanità del Cristo che muore arriva a noi la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: la Vita Trinitaria.Ora, se è comunicata a me, è comunicata anche a te che sei stato battezzato ed è comunicata a tutti i battezzati. Perciò abbiamo tutti noi un rapporto vitale e personale con Cristo. Allora tutti noi formiamo anche un’unità misteriosissima nella quale fluisce la stessa Vita, facendo di noi membra di uno stesso ed unico corpo che ha una stessa ed unica vita che promana dalla “testa”, comune a tutti, che è il Cristo. E, se la Vita che proviene dal Cristo, viene a noi, noi siamo legati alla “testa” che è il Cristo. E come la testa agisce, così devono agire le membra del suo corpo cosiddetto mistico. E se Cristo è morto per l’umanità, noi pure, come dice Agostino nel Commentario al Vangelo di Giovanni, dobbiamo morire per l’umanità, “non nella semplice e sola imitazione di Lui ma come una sua prolunga” perché noi siamo il corpo di Cristo, prolunga della “testa”. Come lui è morto per salvare l’umanità così noi dobbiamo morire per salvare l’umanità; la nostra esistenza insomma è una continua settimana santa nella quale i nostri dolori sono la “prolunga” della passione  da Lui sofferta. Quindi non si tratta di sommare i nostri piccoli dolori al dolore del Cristo, si tratta di saper ricevere i nostri dolori e accettarli quali prolungamento della passione del Cristo. Ecco cosa significa unire i nostri dolori a quelli del Cristo! Allora questi dolori diventano uno strumento di salvezza! Desidero proprio celebrare questa Pasqua con il Cristo, e ancor prima questa settimana santa, proprio nel “memoriale”, ossia in quella forma di ricordo che attualizza, rende presente nella mia esistenza attuale e quotidiana la stessa passione di Cristo. Cioè fa che i tuoi dolori di adesso siano la prolunga dei dolori di Cristo. E’ Cristo che a livello del suo “corpo mistico” applica il valore infinito della sua morte.Fratelli e sorelle! Altro che perdere tempo a lamentarci! Dovremmo veramente ringraziare il Signore Gesù che ci fa l’onore di unirci alla sua passione, che è passione di salvezza per l’umanità intera. Così sia.      

Ultimo aggiornamento ( luned́ 30 marzo 2009 )