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14 Domenica 4^ Tempo Ordinario (Gesu' profeta e noi profeti) rif. al 31/01/10 PDF Stampa E-mail

                              Quarta Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4,21-30)

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
                                

                                    Gesù profeta e noi profeti   

Nella prima lettura di oggi, il Profeta Geremia sotto ispirazione di Dio, descrive la fisionomia storica del “Profeta” che è l’uomo per tutti (Profeta delle nazioni), che è l’ uomo contro le strutture degli uomini (“Perché denunci le prepotenze degli uomini verso i loro fratelli”), che è l’uomo fortezza e sicurezza del popolo.Gesù si presenta oggi come profeta ed agisce come tale. Ricorda a tutti che anche gli stranieri, quali la donna fenicia, il generale siriano Naaman, sono ben voluti da Dio, ecco l’ universalismo del profeta.Ma non tutti i suoi possono credere che Lui, operaio, figlio di Giuseppe, si permetta di dare lezioni a loro (“Ma che pretesa ha?”) e lui risponde:  “Nessun profeta è bene accetto in patria”. Perciò lo vogliono eliminare, ma Lui domina la situazione con la forza che gli viene da Dio suo Padre. Questo fatto del profetismo dell’ Antico Testamento che si manifesta nella forma massima in Gesù, continua pure in noi. Noi siamo profeti in Cristo. Per vedere in maniera più chiara il problema dobbiamo chiederci: “Cos’ è un profeta?”, “Da dove viene il fatto delle nostre caratteristiche di profeti?”, “Come dobbiamo agire in qualità di profeti di Cristo oggi, nel terzo millennio?”Fratelli e sorelle, nel nostro immaginario collettivo è prevalso il concetto che profeta è colui che predice il futuro, dice profezie, ossia parla in anticipo di ciò che succederà. La nostra parola profeta è una latinizzazione di una  parola greca che significa : “Colui che parla a nome di un altro”. E’ stata la versione scelta dai settanta  saggi di Alessandria di Egitto che, duecento anni prima di Cristo, tradussero dall’ ebraico e dall’ aramaico la parola corrispettiva “Nabiim” che significava “portatori della parola di Dio”, i profeti dell’ Antico Testamento. Ebbene, allora il profeta è come un portavoce, l’ araldo, il messaggero, colui che porta ed annuncia il messaggio di Dio. Quale messaggio? Può essere una profezia ma non sempre e non per forza. Il profeta non può comunicare le sue piccole idee agli uomini, ma comunica il pensiero di Dio, poiché nella Sacra Scrittura Dio ha fatto scrivere dal profeta Isaia: “Le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri” succede che molte volte le disposizioni di Dio non coincidono sempre con le nostre idee. Ecco allora che il profeta è un punto di contraddizione, quindi non è accettato, anzi persino rigettato da coloro ai quali lui è inviato a portare il messaggio. Questo è successo a moltissimi profeti dell’ Antico Testamento, ma soprattutto al Profeta dei profeti, Gesù Cristo. Jahweh si serviva dei suoi “ porta-parola Nabbim” per preparare il popolo ebraico alla venuta del suo Figlio che avrebbe iniziato un regno nuovo, il regno della storia di Dio nella storia umana. Ecco Gesù il Profeta! Ora, il profetismo continua. Generalmente pensiamo che i profeti di Dio siano appartenuti solamente all’Antico Testamento, ma non è così. La capacità ed il ruolo profetico di Gesù, il supremo dei profeti, il Messia, il Cristo, è passato a tutti quelli che sono stati sommersi, attraverso il Battesimo, nella sua morte e nella sua risurrezione e appartengono perciò al Corpo Mistico di Cristo. Difatti, San Paolo nella lettera ai Romani capitolo 8 versetto 29, parlando di coloro che avrebbero accettato il piano di salvezza preparato da Dio, dice che “Da sempre li ha destinati ad essere simili al Figlio suo”. Ora mi domando: ”Quali sono le caratteristiche della fisionomia del Verbo che ha assunto la natura umana,Gesù, il Cristo?”. Queste caratteristiche sono poi passate nel Battesimo anche a noi quando ci hanno sommerso nella morte e risurrezione del Cristo. La prima caratteristica è quella di Re, pastore e guida. Gesù stesso ha affermato di fronte a Pilato che gli domandava: ”Allora tu sei  re?” e Gesù: ”Così è come tu lo dici”. E in un'altra occasione dice: ”Io sono il buon pastore” e poi: ”Chi segue me ha la vita eterna”. Ecco il ruolo di pastore e di guida. In più il Cristo è il sommo Sacerdote cosa chiaramente indicata nella lettera agli Ebrei capitoli 4, 5, 6 dove dice:”Mi è stato dato un sommo Sacerdote che non ha bisogno di entrare una volta all’anno nella zona più sacra del tempio per chiedere perdono a Dio per i propri peccati e per quelli del popolo”. Poiché Gesù, sommo Sacerdote, con un unico sacrificio, quello della sua vita sulla croce, è entrato definitivamente e per sempre nel tempio di Dio, nella Casa di suo Padre. Infine, la caratteristica di Profeta che oggi ci interessa, viene chiaramente indicata nel Vangelo quando Lui si dichiara “ parola,  comunicazione,  messaggio del Padre”. Chi ascolta voi ascolta me, chi ascolta me ascolta il Padre mio che mi ha mandato”. Ecco Cristo non solo Profeta e portavoce di Dio, ma Lui stesso unica ed eterna Parola,vera espressione del Padre. Infatti il Vangelo di Giovanni dice: “Al principio c’ era la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio” ecco la natura divina della seconda persona Trinitaria. “E la Parola si fece carne” ecco la natura umana assunta dal Verbo che Lo fa agire come vero uomo. Orbene, anche noi siamo profeti. Su questa stessa linea di Cristo si inserisce la nostra caratteristica cristiana del nostro ruolo di profeti. “Battezzati in Cristo siete stati rivestiti di Lui come di un abito nuovo” (Galati 3,27). Questo significa essere entrati in una vita nuova. Gesù ha detto: “Io sono la vita”. Battezzati in Cristo siamo morti con Lui e siamo entrati anche nella sua nuova vita della risurrezione che Lui ci dà. E con la partecipazione alla sua pienezza “della quale noi tutti abbiamo partecipato” come dice il Vangelo di Giovanni capitolo 1 versetto 13. E perciò  siamo partecipi di tutte le sue caratteristiche umane, perciò anche noi partecipiamo della sua missione nel ruolo di profeti. Dobbiamo comunicare ciò che Cristo ha comunicato agli uomini: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” ossia, comunicare al mondo che Dio è amore, che vuole la salvezza di tutti gli uomini, che a coloro che vuole salvi li ha inseriti, anche come collaboratori, nel suo progetto di salvezza. Ci ha dato così la grande nobiltà di essere con Lui profeti che comunicano al mondo il messaggio di Dio Padre prolungando la sua azione profetica. E come lo facciamo? Fratelli e sorelle, abbiamo già detto molte volte che il Papa Paolo VI diceva: “Il mondo di oggi ha più bisogno di testimoni che di maestri, e se sono maestri devono essere allo stesso tempo testimoni”. Perciò, più che con la parole, dobbiamo essere testimoni con il nostro comportamento cristiano di fronte alla vita ed ai suoi problemi derivati. Fratelli e sorelle, questa è la nostra missione, quella di far stupire gli uomini perché noi reagiamo, profeticamente, in una maniera diversa rispetto a quella con cui reagiscono loro agli stessi problemi, alle stesse situazioni di disagio. In questo, i Santi sono stati dei veri modelli: Madre Teresa, Padre Pio e, oggi, San Giovanni Bosco perché oggi la comunità cristiana di San Marco ed i religiosi salesiani incaricati di questa cattedrale celebrano, per concessione benigna del Vescovo, la festa esterna di San Giovanni Bosco che è profeta di Cristo per i giovani. E’ il messaggero della gioia di Cristo per la gioventù, specialmente per i più bisognosi. Don Bosco è un dono profetico di Dio alla sua chiesa. La comunità cristiana ha l’obbligo di comunicare a tutti questo dono che è passato da Dio a Don Bosco, da Don Bosco ai figli della sua congregazione. E a noi figli di Don Bosco ci tocca e ci corrisponde il dovere di comunicare alla Chiesa il dono del messaggio dell’ allegria e dell’ amore di Dio che il Signore ha comunicato a San Giovanni Bosco. Fratelli e sorelle, aiutateci con le vostre preghiere ad essere fedeli a questo ruolo profetico che Dio ci ha dato. Così sia.

Ultimo aggiornamento ( domenica 31 gennaio 2010 )
 
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