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48 Domenica 26^ T.Ordinario (Dio è di tutti) rif. al 27/09/09 PDF Stampa E-mail

                     Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario

 Dal vangelo secondo Marco (Mc 9,38-43.45.47-48)

In quel tempo, Giovanni rispose a Gesù dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. 
Chi non è contro di noi è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. 
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». 
 

                                Dio è di tutti. “Istruzioni per l’uso” 

Carissimi amici, fratelli e sorelle in Cristo, la lezione pedagogica che la liturgia ci offre oggi si struttura in due gruppi di pensiero. Il primo dei quali potrebbe essere intitolato “non monopolizzare Dio”, che non è proprietà privata di nessuno, e il secondo sono le “istruzioni per l’uso”. Il primo pacchetto, “non monopolizzare Dio”, parte da due fatti: uno dell’Antico Testamento, l’altro del Nuovo. Nell’Antico Testamento Mosè, nel deserto, vedendo che la sua gente cresceva tantissimo, si trovò alle prese con un lavoro immane, che non riusciva a svolgere. Suo suocero Ietrò gli chiese come facesse ad andare avanti così!? Lui, Mosè, avrebbe dovuto delegare i suoi poteri,  farsi aiutare da altri, riunire i responsabili e chiedere collaborazione. Ecco, allora, che Mosè scelse settanta capi popolo rappresentanti dei clan. Li radunò nella tenda della preghiera che loro avevano elevato al centro dell’accampamento. Però due di essi mancavano all’appello. Ciò nonostante si procedette tranquillamente alla delega dei poteri. In quell’istante arrivò di corsa un ragazzino che disse a Giosuè: “Signore abbiamo visto uno che profetizzava, parlava in nome di Dio come se ne avesse ricevuto l’autorità (e non era venuto alla riunione che Mosè aveva indetto): proibisciglielo!” Mosè, invece, prese la parola e disse: “Lasciatelo tranquillo, magari fossero tutti profeti nel mio popolo!”, ossia, magari fossero tutti capaci di portare e di esprimere la volontà di Dio ai loro compagni, amici, concittadini. Magari avessero tutti una qualità tale da poter fare questo lavoro! “Magari lo facessero tutti!” . E il fatto parallelo del Nuovo Testamento è più o meno simile. L’apostolo Giovanni aveva visto uno che aveva fatto dei miracoli utilizzando il nome di Gesù, e allora disse: “Signore, abbiamo trovato questo tipo che non è dei nostri e gli abbiamo proibito di utilizzare il tuo nome”. Gesù rispose come Mosè: “Non glielo proibite, perché nessuno che fa il bene nel nome mio può essere contro di me, perché chi non ci è contro volontariamente, decisamente, è dalla nostra parte”(cfr. Mc. 9,39). Fratelli e sorelle, questi due fatti e queste due reazioni di Mosè e di Gesù ci fanno riflettere chiaramente su un principio fondamentale: Dio si estende molto più in là dei confini della nostra mente, va molto più in là dei libri parrocchiali, non siamo certo noi a dirgli: “Signore, devi agire qui, devi agire là”. Fratelli e sorelle! Da parte mia ringrazio il Signore perché sono nato in un paese, in una vallata, dove metà popolazione è cattolica e l’altra metà è valdese, e così abbiamo imparato veramente a convivere e a rispettarci l’un l’altro in nome di Dio. Dobbiamo cambiare perciò la mentalità che ci fa pensare che Dio è di nostra proprietà. Siamo convinti di avere la verità totale e completa, e questo è vero, ma siamo convinti anche che siamo gli unici ad avere questa verità di Dio in tasca. Questo non è vero, perché Dio si manifesta ad altri in molte altre maniere. Già Tertulliano diceva che “i semi di salvezza Dio li sparge nella bontà che si vede negli uomini” e difatti dove c’è verità, bontà, giustizia, armonia bellezza, c’è un riflesso della presenza, dell’infinita verità, bontà, giustizia, armonia e bellezza che è Dio. Valori che si riverberano in forma più o meno splendente nelle sue creature! Dio ha una sua presenza misteriosa negli uomini a seconda di chi gli  permette di agire in lui. Solamente chi gli si oppone volutamente non può vedere questa luce. Ecco allora che dobbiamo avere la tolleranza, ma non una tolleranza che dice: “Non c’è niente da fare, non ce ne possiamo sbarazzare, perciò resistiamo, accettiamoli, e lasciamoli fare, di più non si può fare”. No, la nostra accettazione deve essere una tolleranza rispettosa non solo delle persone, ma e soprattutto di un fatto misterioso che succede in loro. Quale? L’azione misteriosa di Dio che ha i suoi tempi, modi, i suoi luoghi di azione che io non conosco e che perciò debbo accettare, sapendo che dove c’è bontà, armonia, bellezza, giustizia , c’è la Sua presenza, anche se deformata, anche se non brillante come è nella verità totale e completa, ma è una strada verso la verità. Sono stati anch’essi creati dal Padre, salvati da Cristo e amati dallo Spirito Santo.Passiamo ora a considerare il secondo blocco di riflessioni: “istruzioni per l’uso”. Come già abbiamo visto, queste istruzioni per l’uso sono un elenco di frasi, “fai questo, quest’altro, non fare questo, né quello”. Vedete! Cristo non ha detto tutte queste cose di fila, di seguito, come una pubblicità televisiva. Gesù Cristo parlava normalmente e queste frasi gli uscivano un giorno sì, uno no, dopo un po’ di tempo ecco un’altra frase. I primi cristiani, per non perdere nessuna parola del Cristo, scrissero le frasi che avevano ascoltato e le registrarono su alcune liste che poi gli evangelisti presero e fissarono definitivamente nei loro vangeli, affinché nulla andasse perduto. Sicuramente molte cose dette da Gesù Cristo saranno andate perdute, ma le cose essenziali no: queste le abbiamo! Oggi ci troviamo di fronte ad una lista di queste “istruzioni per l’uso”, che si riferiscono alla vita cristiana. Anzitutto il Signore ci dice di essere generosi con la stessa generosità che ha Lui. Come la dimostra? Lui dice: “Fratelli e sorelle, sappiate che anche un bicchier d’acqua fresca dato nel mio nome (poiché voi siete di Cristo) sarà ricompensato come si deve!”(cfr. Matt. 10,42). Fratelli e sorelle: un bicchier d’acqua! “Anche voi, seguite il mio esempio, siate generosi”, ci dice il Signore! In questo mese di Ottobre abbiamo la possibilità di essere veramente generosi, soprattutto in questo che è il mese delle missioni. I nostri fratelli che hanno una vocazione speciale sono andati sulle frontiere del cristianesimo. Stanno andando a portare il Cristo in zone dove non è conosciuto, dove è insultato, attaccato. E’ di ieri l’incendio in una isola dell’Indonesia dove è stata bruciata una chiesa cristiana! Questo, dunque, è il mese dedicato alle missioni. Dobbiamo aiutare i nostri fratelli; essere generosi con le nostre preghiere. Anzitutto con le preghiere, perchè senza di esse nulla si ottiene e poi con i nostri sacrifici, perché non basta pregare: “Signore aiutali!”. Io devo offrire anche i miei sacrifici! Il santo cileno, canonizzato da Giovanni Paolo II alcuni anni fa, San Alberto Hurtado Cruchaga, un gesuita che io ho potuto conoscere, diceva ai suoi giovani, e anche alle persone abbienti: “Fratelli e sorelle, bisogna dare”, “hasta que duela”, ossia, dare fino a quando faccia male. Non posso contentarmi con dare qualcosa perchè mi è indifferente e ingombra i miei armadi. No! Devo dare qualcosa che sia un vero sacrificio per me, che comporti un vero gesto d’amore! E poi alla fine ci sono pure le offerte, perché molti di questi missionari sono andati in zone di un degrado spaventoso. Ecco una prima istruzione per l’uso: la generosità nel dare, come Dio è generoso. La seconda istruzione fondamentale è: “evitate il cattivo esempio”, essere di ostacolo per la marcia degli altri. Questo in greco si dice “scàndalon”, e vuol dire precisamente un “inciampo”: ecco lo scandalo, che noi possiamo dare agli altri più deboli, non solo più piccoli, ma anche a persone adulte, però con poca consistenza spirituale, che invece hanno assoluto bisogno di un esempio preciso e onesto, chiaro, trasparente per arrivare a Cristo. Sarà colpa vostra se non lo fate e sarete puniti! Fratelli e sorelle, per evitare questo cattivo esempio noi dobbiamo stare molto attenti alle situazioni interne ed esterne. La situazione interna ce la dice proprio il vangelo: controllando le nostre mani, piedi ed occhi. Le nostre mani significa le nostre azioni: non possiamo fare il male, dobbiamo evitare inoltre la nostra presenza in luoghi e con persone dove è in pericolo l’ integrità morale, dove sappiamo per esperienza che facilmente si cade. Ecco il segno del piede che deve essere amputato. Sviando la nostra attenzione da spettacoli, cose, fatti che potrebbero far esplodere le passioni, ecco il problema dell’occhio da cavare. Ricordiamo che San Giovanni, l’evangelista, ha scritto tre lettere. Nella sua prima lettera ha scritto: “Questo è il mondo, voler soddisfare il proprio egoismo!”(cfr. 1 Giov. 2, 16-17). Tagliare l’erba sotto i piedi agli altri, far loro le scarpe, sgomitare per ottenere i posti migliori, essere ingiusti con i propri simili, far “primeggiare il mio ego”. Poi “accendersi di passione” per tutto ciò che si vede: siamo in un mondo dove la spudoratezza è legge! “Essere superbi” per tutto ciò che si possiede, disprezzando gli altri, come se la nostra grandezza dipendesse da ciò che abbiamo e non da ciò che siamo. Questi sono gli aspetti interni che noi dobbiamo controllare: mani, piedi e occhi. Ci sono poi gli aspetti esterni e l’elemento fondamentale da cogliere ce lo da la seconda lettura, la lettera di Giacomo: “Le ricchezze, specie se sono frutto di ingiustizia, il salario negato, che grida giustizia al cospetto di Dio, il non pagare giustamente ciò che si deve pagare!” Poi, l’uso intemperante dei beni che si hanno, il gozzovigliare senza scrupoli, quando nel mondo ci sono migliaia e migliaia e migliaia di persone che muoiono di fame. Infine, l’uso prepotente della forza contro il debole che non può difendersi. Ma questo anche nella forma più subdola che si pone in atto quando non potendo, per esempio, primeggiare, si ribassa il valore degli altri con la calunnia e la critica. Queste sono le ricchezze che noi dobbiamo veramente controllare, eliminare, dobbiamo avere poi, come dice il vangelo, una visione relativistica di tutto ciò che possiedo e di tutto ciò che sono. La stessa lettera di Giovanni, che ho citato prima, continua dopo la descrizione del mondo dicendo: “Il mondo se ne va, passa, e tutto ciò che l’uomo desidera nel mondo non dura”(cfr. 1 Giov. 2,17).Fratelli e sorelle, sia nel blocco del “Dio non  maneggiabile”, che non è proprietà privata di nessuno, sia nel blocco delle “istruzioni per l’uso”, abbiamo materia sufficiente per un profondo esame di coscienza. Così sia. 

Ultimo aggiornamento ( domenica 27 settembre 2009 )
 
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