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35 Domenica 14^ T.Ordinario (L' insuccesso) rif. al 05/07/09 PDF Stampa E-mail

Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario

 Dal vangelo secondo Marco (Mc 6, 1-6)

In quel tempo, Gesù andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 
Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. 
Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. 

                          L’insuccesso e il secondo tempo di Dio 

 Carissimi fratelli e sorelle! Questo periodo del tempo ordinario che si caratterizza per il colore verde che i sacerdoti usano nella liturgia, è un periodo che porta avanti un programma che potremmo dire di “istruzioni per l’uso”della vita cristiana e anche “consigli per gli acquisti”per come premunirci di fronte alle difficoltà della vita cristiana. Ebbene oggi abbiamo tre letture con un denominatore comune che si chiama l’”insuccesso”, tre fatti della Scrittura con tre diversi personaggi . Il primo è Ezechiele. Siamo nel 600 a.C. Nabucodonosor prepara i suoi eserciti ed invade il territorio della Palestina. Israele viene invaso dai Babilonesi, con degli eserciti poderosissimi. Gerusalemme viene distrutta, la nazione sfasciata, la popolazione deportata nella Mesopotamia tra i fiumi Tigri ed Eufrate, dove attualmente c’è l’Irak. Dio a questo popolo così sfasciato ed esiliato manda un profeta, Ezechiele, e lo avvisa che non tutti lo avrebbero ascoltato, perché il popolo degli Ebrei è ribelle e si era rivoltato contro Dio stesso. Già Mosè qualche secolo prima era stato avvertito da Dio sulla testardaggine, sul cuore indurito degli ebrei, una volta usciti dall’Egitto. Dio avvertì Ezechiele che la sua missione non avrebbe avuto l’esito sperato, ma almeno gli Ebrei avrebbero capito che c’era un profeta tra loro e che Dio non li aveva abbandonati. Ecco l’insuccesso. Secondo personaggio storico: Gesù. Passano vari secoli e Gesù, nato a Betlemme, vissuto fin da piccolo a Nazareth, nella Galilea, dove ha imparato il mestiere di carpentiere dal suo padre legale, Giuseppe , presentandosi a tutti come il figlio di Maria, ora si ripresenta, dopo essere uscito da Nazareth, per dare inizio alla sua missione di comunicare al mondo il messaggio del Padre. Nel suo paese di Nazareth, dove ha vissuto, arriva con un gruppo di discepoli. Non è più il semplice artigiano che faceva lavori manuali, ora è un rabbì, che ha una scuola, ed è seguito da discepoli. La gente rimane stupita per la sua scienza, per i suoi poteri e prodigi, dei suoi miracoli. Ma per loro continua ad essere il figlio di Maria e Giuseppe, colui che faceva porte, sedie, mobili: li aggiustava come un semplice carpentiere e si scandalizzarono perché non era possibile, non rientrava negli schemi paesani della loro mentalità. Qui Gesù non potè fare i miracoli che avrebbe voluto fare; e anche in questo caso troviamo l’insuccesso. Passiamo a un terzo personaggio che troviamo nella seconda lettura di oggi: Paolo. Egli scrive ai cristiani di Corinto dicendo che si sente incapace di svolgere la missione ricevuta, a causa della difficoltà che gli si oppongono: la sua infermità, gli oltraggi ricevuti, le resistenze alla sua predicazione , la scarsezza dei mezzi , le persecuzioni e le angosce e sente anche lui nella sua pelle l’insuccesso; così chiede al Signore che tutto ciò cessi, perché anche lui si sente sconfitto. Su questo, che oggi la liturgia ci presenta, dobbiamo riflettere.Nelle vicissitudini della nostra vita sperimentiamo l’amarezza dell’insuccesso delle mete che ci eravamo proposti di raggiungere e che sono rimaste un semplice miraggio. Volevamo formarci una famiglia, raggiungere titoli di studio, un lavoro soddisfacente, una sicurezza economica. Ci eravamo messi nel commercio e abbiamo commesso degli errori, ci hanno fatto del male e ognuno di noi, se esamina sé stesso, vedrà quali e quante sono le cose che desiderava fare, avere e ottenere e non ha raggiunto e di qui è arrivata la tristezza, l’abbattimento, l’angoscia, la depressione, la disperazione e in alcuni casi anche tentativi di suicidio. Come reagire? Fratelli e sorelle! Qui la stessa Sacra Scrittura ci offre la terapia da seguire. Anzitutto Paolo ci dice: “Ho pregato il Signore”; ecco la prima cosa che bisogna fare. Pregare il Signore, in un modo che non sia un’imposizione, perché non sappiamo veramente ciò che convenga per noi stessi chiedere al Signore, come dice Paolo nella lettera ai Romani (cfr. Rom.8,26). Gesù Cristo stesso nell’orto del Getsemani pregò il Padre, che gli risparmiasse quella prova dell’insuccesso, della sua morte, però, allo stesso tempo, oltre a pregare viene la seconda fase, l’accettazione fiduciosa nell’amore di Dio Padre verso di noi, amore che si dimostra anche in tutto ciò che ci succede. Il Signore Gesù nell’orto del Getsemani disse: “Non si faccia la mia, ma la tua volontà”( cfr. Matt. 26,42). Paolo riceve dal Signore la risposta: “Ti basta il dono che ti ho dato, la grazia che ti ho dato, perché nella tua debolezza, nel tuo insuccesso si manifesta pienamente la mia potenza”(cfr. 2 Cor.12,9). Sembra veramente un paradosso, però è proprio qui che dobbiamo avere fede piena. Il Signore dice ad Ezechiele che gli Israeliti non gli daranno retta, ma almeno sapranno che in mezzo a loro si trova un profeta e che perciò dietro di lui c’è Dio che non ha abbandonato il suo popolo, verso il quale Dio è sempre fedele. Concludendo, fratelli e sorelle, ecco ciò che Dio ci indica di fare negli immancabili casi di insuccessi, fallimenti, che sicuramente avremo passato o ancora dovremo incontrare nelle nostre vite cristiane. E’ inutile la recriminazione, la maledizione, le condanne, la disperazione, questo non serve assolutamente a niente, non risolve niente, anzi peggiora la situazione, perché così ci roviniamo il sistema nervoso e la salute. L’unica posizione veramente ragionevole parte dall’accettazione dei princìpi che Lui ci ha dato.Fratelli e sorelle! Pregate, chiedete soprattutto il dono della fortezza che Lui ci ha dato nello Spirito Santo per resistere alle difficoltà. Fidatevi di Dio che è amore, fidatevi di Lui che vuole la nostra salvezza, fidatevi di Lui, perché Dio farà tendere ogni cosa, anche gli insuccessi e i fallimenti, verso il bene di coloro che lo amano, e perciò anche paradossalmente nel mio insuccesso ci sarà il bene per la mia salvezza. Dio ha sempre un secondo tempo a disposizione: nel primo tempo possiamo non sopportare l’insuccesso, ma nel secondo è sempre Dio che vince. Così sia.  

Ultimo aggiornamento ( venerd́ 03 luglio 2009 )
 
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