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31 Solennità della Santissima Trinità rif. al 07/06/09 PDF Stampa E-mail

                          Solennità della Santissima Trinità

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 28, 16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
                                   

                             Solennità della Santissima Trinità  

Carissimi amici, fratelli e sorelle in Cristo! Celebriamo oggi la solennissima festa della Santissima Trinità e io mi trovo in imbarazzo, come ho detto alcuni anni fa, quando per le prime volte mi era toccato celebrare questa festività in questa chiesa. Mi sento come quell’operatore turistico che accompagna un trekking di turisti nelle vallate dell’Himalaya. Quando, all’ultima svolta del sentiero, ci si trova di fronte a quella catena immensa di altissime cime, sugli ottomila metri, allora scatta un’esclamazione di meraviglia da parte della gente vedendo il luccichio dei ghiacciai, il cielo turchino al bordo delle nevi, ecc. Proprio in quell’istante di stupore l’operatore turistico ligio al suo dovere inizia a elencare e illustrare ai turisti tutto ciò che hanno davanti. Fin che, dal fondo del gruppo, una voce implora il silenzio, per poter contemplare tutti in pace quelle montagne. Questo è ciò che vorrei sentire: “Non predichi, oggi, ci lasci contemplare in silenzio le bellezze della Santissima Trinità”. Però c’è l’ordine della liturgia che obbliga noi sacerdoti a fare l’omelia. Per di più c’è un problema. In certe interviste televisive quando il conduttore domanda al personaggio dello sport, della politica o delle arti, se crede in Dio, le risposte sono tra le più variegate che abbiamo mai sentito: “Grazie a Dio sono ateo;…. Non so se si può conoscere Dio (gli agnostici);…. Sono credente, sì, perché qualcosa ci deve essere che spieghi tutto questo, però in realtà non pratico molto, non mi interessa più di tanto”. Altri dicono: “Si ci credo, però sono rimasto al catechismo della prima comunione, in cui mi hanno fatto immaginare Dio come un vecchio vegliardo, barbone, che sta laggiù lontano, l’ultima delle creature, lontano da noi”….”E’ qualcosa di incomprensibile ma forse ci deve essere qualcosa....”. Altri ancora, invece, rispondono: “Ma come? Credete ancora a queste panzane medievali?”.Vedete? Di fronte a situazioni simili noi abbiamo l’obbligo di presentare ciò che Dio ha rivelato a noi, senza inventare storie ma presentando ciò che Cristo ci ha detto. Perciò dobbiamo chiarire prima alcune cose. In particolar modo dobbiamo spazzar via certe idee che si sono radicate in noi tanto da impedire una conoscenza non del mistero ( cosa impossibile!) evidentemente, ma almeno del saper enunciare il mistero con parole che non siano contraddittorie in sé stesse. Per esempio, se io dicessi che Dio è uno ma anche trino, nello stesso ordine di cose sto dicendo un assurdo. Ma quando dico che Dio è uno, nell’ordine della natura, ossia nel principio operativo ed è trino nelle espressioni interne, relazionali tra di loro, essendo una comunità di tre persone, non dico la stessa cosa. Dico uno nell’ordine della natura e trino nella linea delle persone, in un altro aspetto totalmente differente. Ebbene, fratelli e sorelle, è qui che dobbiamo fare chiarezza. L’uomo con la sua semplice intelligenza di ragione, come dice Paolo nella lettera ai Romani ( cfr. Rom. 1,19-20), ha la possibilità di conoscere l’esistenza di un “Essere” che spiega l’esistenza di tutte le cose, perché se c’è una cosa che è effetto di un’azione, ci deve  essere una causa che ha prodotto quella cosa. Se esiste un cosmo, che non può farsi da sé perché è assurdo che un non-esistente faccia esistere sé stesso come principio d’azione, non esistendo lui non ha proprio senso: è una contraddizione nelle stesse parole. Possiamo, come dice Paolo e come dicono anche i testi, filosofi anche non credenti, arrivare alla conoscenza di certe qualità di questo “Essere”. Possiamo dire che non è come noi. Dobbiamo ammettere che noi siamo limitati e che quell’essere non è come noi, non è limitato, perciò è illimitato, è infinito, senza limitazioni: questo lo possiamo dire.Ciò che ho descritto sarebbe il “Dio dei filosofi”, che è scoperto dalla nostra semplice intelligenza e ragione: a questo possono arrivare tutte le persone che hanno capacità intellettiva e conoscitiva. Però noi ci troviamo di fronte a un fatto molto più spettacolare. C’è stato un uomo duemila anni fa che si proclamava figlio di Dio: “Mio padre è colui che voi chiamate Yahweh”, diceva ai suoi conterranei ebrei, tanto che lo volevano lapidare perché Yahweh era per loro l’unico vero Dio. Quest’uomo che era il rabbì, Gesù di Nazareth, si presentò come Figlio di Dio e chiamava Dio suo padre. Disse anche: “Io me ne vado”, rivolgendosi ai suoi discepoli, “Voi siete tristi…ma io vi manderò lo Spirito Santo, colui che vi accompagnerà come avvocato nelle difficoltà della vita, il consolatore” (cfr.Giov. 14,25a). L’evangelista Giovanni nei capitoli 14,15 e16 ci fa sapere che il  Signore Gesù nomina il Padre, lo Spirito Santo, certo non nomina la parola Trinità, perché nel vangelo questa parola non si trova. Su queste parole di Gesù la comunità cristiana, i santi, gli studiosi, i teologi, i padri e i pastori della Chiesa hanno pensato, riflettuto e durante i secoli hanno elaborato un’espressione che non fosse eretica, sbagliata, contraddittoria. Dio è un’unità, in una “unica natura”, ma è una “comunità di tre persone” perché questa natura si esprime in tre forme, in tre personalità: un Padre, un Figlio e uno Spirito Santo che è proprio il tema sul quale noi dovremmo riflettere oggi. Perché oggi? L’anno liturgico è un processo pedagogico progressivo: la prima parte dell’anno si chiama Avvento, periodo nel quale la liturgia ci fa celebrare la creazione, Dio che crea, e questa creazione la si applica precisamente al Padre creatore, e va fino al Natale. Da Natale a Pasqua noi celebriamo il Figlio che si fa uomo, che assume una natura umana per poter così vivere come uomo, soffrire, morire, pagare come uomo, a nome di tutta l’umanità, il peccato originale. Questo fino all’Ascensione quando quel Figlio fatto uomo con la sua natura umana non si fa più vedere dagli uomini. Domenica scorsa è iniziato il periodo terzo, chiamato dello Spirito Santo. E’ il periodo della santificazione portato avanti dallo Spirito Santo, ma in esso ci sono festività come questa che ha un’importanza eccellente. Precisamente il concetto di Trinità non l’ha inventato la Chiesa ma l’ha preso dal Cristo che ce l’ha rivelato. Il pensiero dei Padri della Chiesa e dei  teologi ha elaborato l’espressione per essere fedeli alla rivelazione divina. A tale scopo si sono serviti dei concetti di “natura” e “persona” della filosofia greca. Ecco che poi specialmente i mistici, ma anche gli studiosi di Dio, i teologi, hanno elaborato delle espressioni molto belle, alcune persino poetiche. Ricordo il mio professore di teologia, don Egidio Viganò, che quando ero studente di teologia fece una predica su questo tema. Predica che io conservai. Soprattutto mi impressionarono moltissimo le sue espressioni. Diceva che Dio è un eterno e infinito dare, ricevere e interscambiare: Dio è un infinito originare, essere originato, con un dinamismo di scambio interattivo infinito di “Amore”: Dio è un infinito e perfettissimo generare, essere generato ed è un flusso e riflusso infinito ed eterno d’Amore tra il Generatore e )l Generato. Dio è un infinito e unico Padre, un unico Figlio e un unico Spirito Santo. Fratelli e sorelle, gli uomini si sono sbizzarriti in forma persino poetica per poter penetrare ed esprimere a fondo questo mistero enormemente più grande di tutti gli altri misteri. Ora vediamo che importanza ha questo Mistero per me, per te, per noi. Quell’infinito dinamismo di vita, di bellezza, di armonia, equilibrio, luce e amore è nientemeno che il capolinea del mio viaggio, è la meta dove devo arrivare dopo questo periodo di prova della mia vita. Quando avrò superato questa prova, allora questa Comunità Trinitaria mi accoglierà e ci riunirà tutti insieme, ma quella realtà futura ha ancora una verità molto più profonda. Gli studiosi della Sacra Scrittura, partendo dal concetto greco del Lògos (della Parola), hanno formulato questa riflessione: affinché ci sia comunicazione, ci deve essere un comunicatore, un ricettore che riceve la comunicazione e un pacchetto- messaggio che va dal comunicatore al  ricettore. Quando il ricettore riceve questo pacchetto rimane con la verità contenuta in quel pacchetto, esempio quando un professore insegna il teorema di Pitagora non si impoverisce, però fornisce agli alunni una conoscenza maggiore; ma non ha comunicato altro che una cosa esterna a lui. Mentre quando Dio si comunica a me, allora la sua Parola è molto differente perchè Lui comunica sé stesso, comunica perciò la sua infinita vitalità, mi comunica la sua vita e mi fa partecipe di essa. Allora colui che riceve, non riceve un’idea, un fatto, un racconto o qualcosa di estraneo a Dio, ma riceve Dio stesso. Viene coinvolto nella vita di Dio e accettare questa comunicazione vuol dire fare un salto di qualità perché non si rimane indifferenti. Questa rivelazione biblica è un’automanifestazione di Dio, è Dio che manifesta sé stesso, la sua Vita, ed io accetto questa Vita, quando questa divinità mi comunica la sua essenza vitale. Ecco che la rivelazione che Gesù fa del Padre, Figlio e Spirito Santo, è attuale. Qui ed ora, in me, c’è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non può essere per me un puro e semplice esercizio intellettuale di contenuto conoscitivo, ma è un’autorivelazione dell’infinita Vita Divina Trinitaria che, se l’accetto, mi coinvolge vitalmente. “Già qui ed ora”, io sono in quel vortice vitale infinito di amore, bellezza, equilibrio, armonia, luce, bontà e giustizia come una creatura può partecipare in queste situazioni di quella vita divina. Ecco allora che la Trinità è qui e in me ed io sono in essa , in forma misteriosa ma reale. Dio è in me ed io in Lui. E qui, di nuovo, viene a galla il paragone che faceva il mio professore di teologia quando ci diceva che la presenza della Trinità in noi cambia tutta la nostra vita. Quando io faccio il segno di croce in realtà è il gesto del direttore d’orchestra che esterna l’armonia infinita della Trinità che è in me. Quel gesto non è uno sgorbio qualsiasi ma un segno profondissimo di fede e di amore a Dio. Allora, fratelli e sorelle, concludo con quello che diceva un santo: “O infinita Trinità, o benedetta unità, ti ringrazio perché solo in te la mia vita ha senso”. Vorrei concludere rendendo una sentita preghiera a questo “Amor che muove il sole e l’altre stelle” (Div. Comm. Canto XXXIII,145) con le parole del nostro stesso sommo poeta Dante Alighieri che poco prima aveva esclamato: “Oh quanto è corto il dire e com’è fioco il mio concetto…! O luce eterna, che sola in te sidi, sola t’intendi, e da te intelletta e intendente te ami e arridi!”(Div. Comm. Canto XXXIIII 124-126). Così sia. 

Ultimo aggiornamento ( domenica 07 giugno 2009 )
 
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