Sesta Domenica di Pasqua Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». Amare…. Negli ambienti ecclesiali circola un raccontino, un aneddoto sul Papa attuale, Benedetto XVI. Gli è stato chiesto perché, uno strenuo difensore come è lui delle verità della Chiesa, della quale è stato come cardinale prefetto del dicastero della Difesa della Fede il grande “gendarme”, nel suo primo atto di magistero come Sommo Pontefice scrive l’enciclica sull’ “amore”. Ciò sembra, infatti, qualcosa più di mistico che teologico. Il Papa, dopo una breve pausa ha risposto che i demoni hanno una conoscenza molto precisa e chiara delle verità della Chiesa, della verità rivelata da Dio agli uomini, però è solo l’ “Amore” che ci apre la porta del cielo, ciò che i demoni non hanno.Oggi Gesù nel vangelo ci parla d’amore. Nella prima lettera di Giovanni si dice che “Dio è amore”(cfr. 1 Giov. 4,8b). Nella prima lettura l’Amore Infinito del Padre che va verso il Figlio e dal Figlio verso il Padre, che noi chiamiamo Spirito Santo, discende anche sulla famiglia di Cornelio, pagano non ancora battezzato. Su queste tre “comunicazioni” della liturgia di oggi vorremmo fare qualche piccola riflessione. Prima di tutto sul vangelo. Nel vangelo si vede la caratteristica semita di Giovanni (era un ebreo) che scrive mescolando un po’ le frasi, ripetendo e insistendo. Noi lo ordineremo in due settori: il primo è il quadro di riferimento. In esso Cristo dice: “Come il Padre ha amato me così io ho amato voi e poi per amore ho osservato ciò che il Padre mi ha comandato e così rimango nel suo amore”(cfr. Giov. 15,9-11). Questo è il quadro di riferimento, quasi il modello paradigmatico che il Signore Gesù ci propone e poi nella prassi ci dice: “Questo vi comando, che vi amiate gli uni gli altri e che osserviate i miei comandamenti come io ho osservato quelli del Padre e così la mia gioia sarà in voi; amatevi gli uni gli altri”(cfr. Giov. 15 passim). Come amare Gesù Cristo? Osservando i suoi comandamenti (ce l’ha detto lui ”chi mi ama osservi i miei comandamenti”) che poi si riduce all’ “amatevi come io vi ho amato”. Anche in altre parti del vangelo si scende nella prassi della quotidianità, per esempio in Luca (Lc. 6,31) troviamo “fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi”; in Matteo (Matt. 25,40) è scritto: “Ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli piccoli lo avete fatto a me”(quando parlava di vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, visitare gli ammalati e i carcerati, ecc). In più, in altre parti si aggiunge qualcosa di veramente difficile e quasi contrario all’impostazione razionale nostra: “Amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono”(Luca 6,27-28). Perché il Signore ci dice queste cose, ci comanda tutto questo? Perchè risulta durissimo passare dall’accettazione intellettuale del quadro di riferimento dell’amore che descrive una situazione quasi idillica e, con quei principi che sembrano plausibili e accettabili, passare alla prassi del fare quotidiano. E lo è più ancora quando Gesù intende aggiungere al concetto di “altri”, (“amatevi gli uni gli altri”), anche coloro che ci ostacolano e non la pensano come noi e ci sono nemici. Per quali motivi Gesù comanda questo? Il perché ce lo dice la rivelazione. Nella prima lettera a Timoteo ci dice: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e arrivino ala pienezza della verità”( 1 Tim.2,4), tutti, non solo i cattolici, perciò tutti gli uomini sono chiamati a diventare figli di Dio, cioè tutti chiamati a vivere della vita divina. Allora io devo rispettare ogni persona (come dice San Tommaso d’Aquino: rispettare è la forma più elementare dell’amore) perciò anche coloro che in fatto di politica, di cultura, di religione, di lingua, di tradizione non la pensano come me, ma la pensano secondo il loro pensiero e si spendono per il bene comune anche se non conoscono Cristo e non hanno la cosiddetta “etichetta cristiana” sono degni del mio rispetto. Perché mai? Vedete, fratelli e sorelle, perché lo Spirito Santo, l’Amore Infinito che il Padre e il Figlio si interscambiano, va dove vuole, come il vento soffia dove vuole, agisce dove vuole, come vuole, quando vuole. Ne è esempio il fatto del comandante Cornelio a proposito del quale la seconda lettura ci dice: “E lo Spirito Santo discese su tutta la famiglia di Cornelio”(cfr. Atti 10,44). Questo Spirito fa scattare nelle coscienze delle persone le meraviglie di Dio, propone loro una rivelazione iniziale e noi, che siamo stati scelti da Cristo nel battesimo, dobbiamo mostrare loro l’oggetto che essi cercano. Sono all’inizio di una ricerca e noi siamo già al termine perché abbiamo incontrato il Cristo, e dobbiamo mostrare loro la meta di questa avventura, il punto di arrivo, che è Gesù Cristo. Come farlo? Come indicare loro questo? Vivendo noi a fondo, intrisi d’amore, la nostra vita cristiana, altrimenti tutto è una chiacchera. Conclusione: questo è stato fatto dalle “èlite” cristiane, già fin dal principio (ricordate la lettera a Diognèto) “I cristiani amano tutti, ingiuriati benedicono, vivono in questo mondo ma la loro cittadinanza è nel cielo”. Ecco qui un modo di confrontarci con le situazioni attuali. Il 13 febbraio di quest’anno è morto un sacerdote, Don Divo Barsotti che scrisse più di 150 articoli, saggi, libri e pubblicazioni su temi religiosi e fu il fondatore di un’associazione apostolica laicale chiamata “I figli di Dio”. Egli aveva un punto fisso nella sua vita e scriveva questo: “Non c’è altra vocazione del cristiano che quella di divenire una sola cosa con Cristo. Tutto deve avere termine in Lui, ossia tutto deve puntare verso il Cristo e in Lui ha la pienezza. La gioia unica della mia esistenza, l’unico nostro amore è lui”. E scriveva questo quando negli ambienti cristiani primeggiava il concetto di impegno politico, sociale, e lui andava al nucleo centrale del problema, perché prima di tutto dobbiamo essere cristiani e dobbiamo essere “Cristo” per agire come Lui ha agito. E’ ciò che Cristo aveva chiesto nella preghiera: “Padre, fa che tutti siano una cosa sola, come tu, o Padre sei in me e io in te, anch’essi siano una sola cosa in noi”(Giov. 17,21).Fratelli e sorelle, che nobiltà e che invito enorme ci fa Gesù Cristo: essere una sola cosa con lui, figli adottivi in Lui che è figlio naturale del Padre! Praticamente come dice il beato Isacco del Monastero della Stella nel Sinai: “Il Signore ci divinifica, ci fa diventare suoi figli adottivi che vivono la sua stessa vita”. Questo deve essere preso in grande e seria considerazione. Questo è il “senso” della nostra esistenza. Siamo destinati ad essere amati ed amare. Così sia.
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