Quarta Domenica del Tempo Ordinario Dal vangelo secondo Marco (Mc 1, 21-28) A Cafàrnao, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. Festa Esterna di San Giovanni Bosco Il motivo per cui non troviamo il foglietto in questa messa è dovuto al fatto che il nostro vescovo gentilmente ha concesso alla comunità dei sacerdoti salesiani che gestiscono questa cattedrale di celebrare oggi la festa esterna di S. Giovanni Bosco perché liturgicamente oggi corrisponderebbe alla quarta domenica del T.O. con le proprie letture, i propri canti, ecc. Però la presenza qui a Latina di un determinato gruppo di religiosi, con una determinata missione specifica, obbliga moralmente la Chiesa a far vedere esternamente anche il perché Dio ha voluto che questa comunità di religiosi salesiani fosse qui, da settanta anni. E questo in prossimità del 31 gennaio festa di San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani.Il perché consiste in questo: i Santi sono doni, come abbiamo letto nella prima preghiera, doni di Dio all’umanità. Dio li fa sorgere nel momento giusto, nel posto giusto, per la missione giusta di cui si ha bisogno in quel particolare periodo, in quel determinato posto.Ebbene anche Don Bosco è un dono di Dio che il Signore ha regalato all’umanità intera: sì, l’ha fatto nascere in un determinato posto, in una determinata nazione, ma il senso della vita di San Giovanni Bosco si estendeva a tutte le parti del mondo. Infatti i salesiani sono attualmente in quasi tutte le parti del mondo. Questo è il fatto sul quale noi dobbiamo riflettere: perché Dio ha voluto mandare qui, da settanta anni, un gruppo di religiosi salesiani? Potevamo anche non venire. Siamo venuti perché sollecitati dal Papa tramite il nostro superiore maggiore per servire le popolazioni impegnate nella bonifica di questa zona. Siamo venuti perché praticamente ci hanno mandati.Siamo venuti qui a portare il carisma di Don Bosco; non possiamo andare in giro per il mondo e dire che siamo preti come gli altri! Noi siamo come gli altri preti, dal punto di vista della consacrazione sacerdotale, ma la nostra missione è specifica, per esempio noi non ci prenderemo mai carico di un ospedale perché questa non è la nostra missione. Quindi Dio ci ha mandati qui per un lavoro specifico, quello che Lui stesso ha dato a Don Bosco, prete della diocesi di Torino, che ebbe un maestro magnifico, San Giuseppe Cafasso, professore di morale nell’Istituto Superiore della formazione dei sacerdoti a Torino. Don Cafasso guidò il giovane sacerdote Giovanni Bosco che aveva offerte da molte parte come precettore, istruttore, ecc.. Ma Giuseppe Cafasso gli suggerì vivamente di andare nelle carceri dove i ragazzi venivano custoditi, di andare ad assistere i condannati a morte che nel “Rondò” di Torino venivano impiccati. Allora lui cominciò a lavorare con i giovani artigiani che scendevano dalle montagne per fare i muratori e costruire la nuova città industriale che stava nascendo, Torino. Ebbene Don Bosco si dedicò a questi ragazzi, ossia a coloro che non avevano parrocchia perché provenienti dalle valli circostanti Torino nel Nord del Piemonte. Li accoglieva di domenica, a volte visitandoli durante la settimana sui loro posti di lavoro per difenderli e aiutarli. Infatti nell’Archivio Centrale dell’Istituto Storico Salesiano, a Roma, abbiamo il primo contratto fatto fare da Don Bosco da un datore di lavoro per un suo ragazzo, con tutte le condizioni, in un momento in cui i sindacati non esistevano e nemmeno si pensava a una cosa simile. Quest’uomo fu il difensore di questi ragazzi e per essi portò avanti una metodologia di educazione particolare. Inventò anche il “pensionato”, che non volle mai chiamare “collegio”ma “casa”, perché lui voleva fare del suo gruppo di ragazzi una “famiglia”. Quando, divenuto anziano, vide che per la prima volta i suoi ragazzi erano stati messi in fila, gli sgorgarono le lacrime dagli occhi perché quello non faceva parte di quello spirito di famiglia che lui desiderava. In ciò ebbe un aiuto magnifico da sua madre, Margherita, che fece proprio da mamma a questi ragazzi.Questo è innanzitutto il campo d’azione di D. Bosco, con i giovani e specialmente con quelli del ceto popolare, con i più “a rischio” di perdersi. Voleva “prevenire” la loro possibile delinquenza, conosciuta nelle carceri di Torino.Questo è il punto in cui, più di tutti, noi come salesiani dobbiamo continuare a lavorare, perché questo è ciò che Dio ha suscitato in Don Bosco, questo è ciò che ha suscitato in ognuno di noi che siamo stati attratti da questa figura e abbiamo donato la nostra vita per questa missione.Veniamo alla metodologia dei salesiani. Qui Don Bosco sceglie Monsignor Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, chiamato il Santo della gentilezza. Cinquantasei anni fa, quando fui ordinato sacerdote, trovai un libro intitolato “L’allegria nell’amor di Dio”, scritto da Michael Muller, professore dell’alta scuola di teologia di Bamberga, in Germania. Quest’uomo sosteneva una tesi molto interessante nel suo libro. Le spiritualità cristiane hanno due canali: uno chiamato “il Miserere” che parte dal Re Davide quando chiede perdono del suo peccato e si pente davanti a Dio; l’altro “il Magnificat” della Madonna che glorifica Dio perché ha fatto in lei delle cose magnifiche e stupende. E tutte le spiritualità si collocano o da una parte o dall’altra di queste due sponde.Sulla sponda dell’allegria nell’amor di Dio, che noi abbiamo sentito nella seconda lettura “rallegratevi, siate gioiosi nel Signore”si trova proprio San Francesco di Sales, che è un “portastendardo”di questa linea. E’ il Santo dell’umanesimo cristiano. Ha scritto due libri magnifici, dove si dice per esempio che una persona, se sposata, non può vivere il suo cristianesimo come un monaco, perché la vera santità è vivere da sposato, da coniuge! E il monaco non può pretendere di vivere come un vescovo che deve girare, visitare le sue parrocchie: lui deve vivere da monaco, nel silenzio, nella contemplazione. Ossia la santità è possibile a tutti. La santità è proprio di tutti! Nel posto dove Dio ti ha collocato, quello è il posto della tua santità, è lì che devi compiere il dovere che Dio ti ha consegnato di fare.Ebbene, Don Bosco in questo portò avanti un’altra idea ed è per questo il Santo dell’amore pastorale nel campo educativo. Nell’ultima enciclica del Papa Benedetto XVI viene citato anche Don Bosco precisamente come esemplare dell’amore nel campo educativo. Infatti lui ha detto delle cose che nel campo educativo sono fondamentali: non c’è nessun ragazzo assolutamente cattivo, ogni ragazzo ha sempre un piccolo punto su cui far leva; a noi genitori, educatori, professori spetta il compito di scoprire tale “punto”.Allora lì scatta la potenzialità educativa del ragazzo perché l’educazione è qualcosa che parte da dentro. Un’altra frase bellissima di Don Bosco:”l’educazione di tuo figlio, del tuo allievo, è sempre un problema di cuore!”.Non puoi essere un mestierante che insegna formule o verità! Devi , se sei maestro, se sei genitore, voler amare, voler bene, devi volere il bene di questa persona verso la quale si dirige la tua azione educativa. Ma non basta: il tuo amore per lui deve essere da lui percepito. Se ne deve accorgere.Fratelli e sorelle, queste sono le novità che Dio ha mandato mediante Don Bosco, che praticamente è un profeta moderno, nella pedagogia. E’un sacerdote che applica il Vangelo nel campo dell’educazione.Io devo ringraziare il Signore perché mi ha chiamato a questa vocazione e ha fatto di Don Bosco un padre, una guida della mia esistenza religiosa. Però ognuno di noi, anche se non è così legato a Don Bosco, veda di trovare in lui un dono che Dio gli ha dato. Cosa dice a me? Dio non parla in forma uguale a tutti noi! A ognuno di noi il Signore dice qualcosa mediante questa icona di San Giovanni Bosco.Forse devo ritoccare un pò il mio modo di educare i figli, la mia forma di insegnare, di stare con i giovani, di pensare dei giovani, ecc..Questo vuole il Signore da noi in questa festa! Allora sì che non saranno solo celebrazioni ma sarà qualcosa veramente utile e positiva il celebrare anche esternamente la festa di Don Bosco in una domenica come questa.Ve lo auguro e così sia!
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